Home > Suoni dal Mediterraneo XIII edizione - Il canto popolare > Resoconto
Un’edizione riuscita, nonostante i tagli ripetuti al budget subiti a causa delle ristrettezze economiche che “i comuni” stanno vivendo.
La formula delle sezioni, inaugurata due anni or sono ci ha fatto ascoltare 5 formazioni meridionali (4 pugliesi e una campana) di tutto rispetto.
Venerdì sera, vento d’occidente, di atmosfere dove il canto porta con sè le storie di Lisbona, del suo popolo, dei suoi viaggi, delle sue passioni e dell’indefinibile genere che di queste storie si nutre: il Fado portoghese.
A raccontare queste storie i Rosas e Canções .
La sezione è quella della Tradizione e riproposta, naturalmente.
Ancora canzoni, questa volta d’autore, per la seconda parte della prima serata: Radicanto, solo il loro nome basta per evocare il tema di questa edizione, “il canto popolare, quando la tradizione si rinnova”.
Le 2 voci del gruppo si sono intrecciate dall’inizio alla fine del concerto, sapientemente sostenute dalle 2 chitarre e dalla sezione ritmica e percussiva. Abbiamo vissuto un’esperienza percettiva fatta di echi di un viaggio musicale compiuto attraverso i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, rapiti dagli arrangiamenti originali di nuove e antiche canzoni, che ci davano il senso del tempo e dello spazio percorsi restando fermi.
E chi meglio dei Damadakà, potevano, l’indomani, raccontarci di canti del popolo e di canti del Sud?
La polivocalità campana, il ballo sul tamburo appreso direttamente alla scuola degli anziani portatori, un concentrato di Tradizione e riproposta che il nostro festival non poteva lasciarsi sfuggire. Auditorium Manzoni stracolmo e grande successo per un concerto che ci ha trasmesso tutta la ricchezza e le sfumature di un’area, quella di Giugliano, dalla storia e dalle tradizioni (per nostra fortuna) ancora vive!
Prima del concerto il pubblico del festival ha potuto assistere alla proiezioni della versione completa di Latrodectus, il documentario sul “morso nascosto” , ovvero sul tarantismo salentino, realizzato dal francese Jeremie Basset e dall’italiana Irene Gurrado.
Un film che potrebbe essere definito una sorta di road movie alla scrupolosa ricerca di definizioni, immagini e storie sul tarantismo. Vengono intervistati etnomusicologi, psicoterapeuti, studiosi della trance, oltre ai protagonisti e ai testimoni della storia stessa del tarantismo come la figlia di Luigi Stifani, il barbiere terapeuta che, a partire dalla ricerca demartiniana in cui è stato protagonista, ha riproposto con il suo violino le note guaritrici anche ad un pubblico profano. Il valore del film è stato riconosciuto dalla partecipazione e dal successo riscontrato alla rassegna "L'autre et le sacré", voluta a Parigi dal noto antropologo e documentarista etnografico francese Jean Rouch. Nota finale, ma non per questo meno importante, il film si fregia delle musiche originali del nostro Ruggiero Inchingolo, che di Luigi Stifani è uno degli eredi più accreditati a livello nazionale e internazionale.
Finale di sabato sera a Palazzo ducale con i Mascarimirì, gruppo salentino innovatore di un genere, quello della pizzica, che ha attraversato ormai tutti e cinque i continenti.
La musica della tradizione, unita alle programmazioni ed ai loop elettronici hanno fatto ballare un cortile stracolmo di gente, oltre ad incuriosire chi identifica la pizzica esclusivamente attraverso un approccio più acustico.
I Mascarimirì hanno divertito tutti oltre ad aver presentato il loro ultimo lavoro discografico, che è andato nella direzione della ricerca delle famiglie rom salentine.
Domenica mattina, il palazzo ducale ha visto ancora una volta arrivare nella nostra città gli iscritti al corso gratuito di danza popolare: quest’anno è stato il turno della pizzica pizzica di Ostuni. Attraverso l’esperienza come insegnante di Anna Maria Bagorda, musicista e ricercatrice fasanese, i più di 80 iscritti arrivati da tutta la Puglia (!) che hanno affollato una silenziosa piazza la Corte, hanno potuto apprendere i passi e i movimenti principali della danza ostunese.
Un approccio semplice quanto efficace per poter subito mettere in pratica la lezione appresa già dalla sera stessa.
Un altro degli obiettivi del festival, infatti, è quello di prevedere momenti più specificatamente orientati alla formazione del pubblico alternati a quelli prettamente concertistici.
A Piazza la Corte, inoltre, durante gli spettacoli serali, è stato allestito un maxischermo che ha permesso, a tutti quelli che non sono riusciti a trovare posto all’interno del cortile del palazzo, di godere della visione e dell’ascolto dei concerti.
Le immagini in bianco e nero hanno mostrato contadini, operai, gente comune, salire per la prima volta su un palcoscenico e cantare, danzare, suonare come cantavano, suonavano e danzavano i loro padri, i loro nonni, e i nonni dei loro nonni. A Distanza di 44 anni da quello spettacolo, quel mondo, che già andava disfacendosi sotto i colpi della televisione e dell’inurbamento, non solo non esiste più, ma rischia di scomparire anche dalla nostra memoria. O meglio, ha bisogno di essere spiegato a chi, non può averne di memoria, perché nato con la televisione a colori.
Infine, lasciateci concludere con il ricordo della breve ma deliziosa esibizione che ci ha regalato l’ultimo dei cantori di Carpino, Antonio Piccininno. 95 anni, cantore di serenate da tre quarti di secolo a questa parte, membro del gruppo del Gargano che più ha girato l’Italia e l’Europa, Antonio (accompagnato dal ricercatore e musicista Salvatore Villani autore di un libro sull’anziano cantore e presentato durante la serata) ha mostrato quanta bellezza e poesia può esprimere una voce, quando sa farsi canto.
Ringraziamo tutto il pubblico che ci ha seguito, i nostri collaboratori, i gruppi ospitati e le belle giornate di sole, che, nonostante fossimo all’inizio di ottobre, ci hanno regalato un ultimo soffio d’estate.
Il Centro Studi “Il Giardino dei Suoni”